LA DIFFERENZA TRA COMPRAR CASA E ABITARE. IL CONVEGNO DI ANDRIA PER USCIRE DALLA CRISI ENTRANDO IN EUROPA …

LA DIFFERENZA TRA COMPRAR CASA E ABITARE. IL CONVEGNO DI ANDRIA PER USCIRE DALLA CRISI ENTRANDO IN EUROPA …

Pubblichiamo un intervento di Mauro Degola, apparso sulla rivista Primo Piano, sul convegno organizzato a Carpi lo scorso 12 ottobre dalla cooperativa Andria.

 Andria Cooperativa di Abitanti ha organizzato un convegno dedicato a “Luoghi e comunità: riflessioni sui rapporti tra urbanistica–architettura, relazioni di vicinato e vita di comunità”. La buona qualità (sia estetica che funzionale) di un qualsiasi luogo crea relazioni tra chi lo utilizza, e conserva un legame con gli usi e le culture che si sono succedute nel farlo arrivare fino a noi. Cioè crea identità in chi lo frequenta. La cattiva qualità invece contribuisce a creare sradicamento e dispersione di valore sociale. E’ quanto mai necessario riscoprirlo oggi in edilizia dopo anni di “pratica di lottizzazione delle aree”, per cui, in nome della redditività, si è rinunciato nei nostri territori ad ogni pianificazione organica e ad ogni progettazione unitaria. In passato si erano avute, per merito di piani finanziari nazionali e piani locali di urbanizzazione, iniziative organiche come i Peep. Quando, pur rispettando regolamenti e leggi, si è attribuito ad ogni proprietario e ad ogni costruttore la definizione del proprio francobollo insediativo, e quando, nell’ “edilizia contrattata”, si è lasciato all’interesse economico privato e a quello amministrativo pubblico il risultato della qualità finale, si è ottenuto un insieme disarmonico di progetti accostati casualmente, una progressiva inefficienza dei meccanismi di mercato (prima l’eccesso e poi la perdita di valore dell’immobile), la frammentazione dei servizi  e l’arroccamento della vita civile in isolati fortini individuali. Basta uscire dall’Italia e confrontarci con i paesi vicini per verificare l’imbarazzante arretratezza culturale di questo tipo di urbanistica e l’assenza di qualità della nostra architettura civile, entrambe rimaste alla fuga dal sociale e al mero rispetto di una burocrazia invasiva. Del resto basta confrontare l’inselvatichirsi della nostra cultura civica e  politica con la realtà di quegli stessi paesi europei per capire che i fenomeni sono tra loro collegati. E la crisi economica per una volta non c’entra, quello di cui parliamo non è un lusso, bensì l’indispensabile modo per stare domani in Europa. Lo stesso assessore all’urbanistica del comune di Carpi, aprendo il convegno, ha dichiarato di essere deciso ad utilizzare nuovi parametri di qualità che integrino nella programmazione del territorio quelli normativi tradizionali.

Il convegno non si è limitato a riflettere su queste evidenze, ma ha cercato di chiarire i nessi tra il fatto progettuale/costruttivo e i risultati in termini di benessere, coesione sociale, autogestione dei servizi. Lo ha fatto con una ricerca su 151 nuclei familiari in due interventi di Andria (S.Martino in Rio e Fossoli di Carpi) condotta dal dott. Marrone della facoltà di sociologia dell’Università di Bologna. Afferma l’architetto Luciano Pantaleoni, direttore di Andria: “E’ indubbio che, come da tempo sostiene Bauman, viviamo in una società liquida, in cui cioè si sono fortemente attenuati i legami tra le persone e con le istituzioni. Sappiamo che il liquido se si disperde piano piano o evapora o si asciuga, e alla fine non rimane niente. Se invece il liquido lo contieni e lo alimenti si mantiene e diventa fonte di vita. Noi che facciamo il mestiere di costruttori dobbiamo costruire dei contenitori dove la liquidità sociale possa trovare forma, una forma che cambia e si adegua, ma comunque una forma a misura dell’uomo. Tutto questo lo possiamo fare attraverso una intensa attività di ascolto che ponga al centro le persone”.

Il convegno ha anche cercato di definire gli strumenti per un ritorno alla qualità estetica e sociale dell’insediamento civile. E ha indicato gli atout di Andria nell’attenzione agli aspetti ambientali ed energetici, alla protezione degli abitanti attraverso una chiara gerarchia di percorsi interni e di collegamenti esterni, alla sicurezza sismica, alla facilitazione delle relazioni attraverso spazi innovativi dedicati, alla qualità visiva del panorama e dei particolari, alla progettazione specifica del verde aperto all’ambiente circostante. Sono risultate importanti la scelta di una pluralità di target degli utilizzatori finali attraverso tipologie abitative mirate, e la multifunzionalità attribuita alla gestione del complesso condominiale. L’ambizione di ottenere una parziale autosufficienza dei servizi e una efficiente autogestione da parte degli abitanti non sono elementi ideologici ma la risposta necessaria di fronte al ridimensionamento  dello stato e dell’ente municipale. E’, tra l’altro, quanto emerge da ormai diffuse esperienze in ambito nordamericano, tedesco e del nord Europa.

Questi elementi  nell’indagine hanno portato gli abitanti dei due quartieri a dichiararsi soddisfatti e consapevoli delle caratteristiche economiche e sociali di scelte operate attraverso il confronto esplicito tra loro e il progettista/costruttore. Sono elementi che richiedono ai pubblici amministratori lo sforzo di superare la facile dipendenza dalla cultura di una sola parte  della filiera delle costruzioni, quella che tende a creare valore economico immediato, per  progettare invece in modo globale. Lo ha riconosciuto l’assessore regionale Peri che nelle conclusioni ha invitato a considerare i Piani Strutturali Comunali non come una semplice trasposizione dei prg ma piuttosto come strumenti di strategie di qualità sul territorio.