Contro la crisi il ruolo utile del Terzo Settore e della cooperazione sociale

Contro la crisi il ruolo utile del Terzo Settore e della cooperazione sociale

Su Prima Pagina del 1 marzo scorso è stato pubblicato questo articolo sul Terzo Settore e la cooperazione sociale di Fabrizio Montanari, direttore di Quarantacinque, il consorzio che associa buona parte delle cooperative sociali reggiane di Legacoop.

In questo tempo di crisi economica, quando si sprecano le analisi, le ricette, le discussioni, i tavoli d’approfondimento ed i convegni per cercare una soluzione al perdurare delle difficoltà economiche nelle quali si dibatte il Paese, è bene ricordare il ruolo insostituibile e ricco di potenzialità, ancora parzialmente inespresse, per la tenuta socio-economica del Paese rappresentato dal variegato mondo cooperativo, del privato sociale e dell’associazionismo in generale. La storia della nascita e dell’evoluzione del settore dei servizi alla persona e il suo recente passato sono a testimoniarlo. Il Terzo settore italiano ha registrato notevoli successi sia in campo occupazionale che in quello dell’erogazione dei servizi, accompagnando e, a volte sostituendosi, all’impossibilità e alla incapacità economica-progettuale della Pubblica Amministrazione.

Per rendersi conto di questo basta ricordare che i dati occupazionali registrati dal terzo settore in Italia dal 2002 al 2010 hanno segnato un incremento di circa il 60% e che il loro contributo al PIL nazionale è stato pari al 10%. Un altro aspetto rilevante insito nel DNA dell’economia sociale è rappresentato dalla sua capacità di creare inclusione sociale, di ridurre le diseguaglianze e creare una prospettiva meno incerta per le giovani generazioni. Ciò è reso possibile dal perseguimento della loro missione (assistenza, inserimento lavorativo di persone svantaggiate ecc.) che richiede una complessa alleanza con famiglie, pubbliche amministrazioni e società civile. Tutto questo rischia di appartenere al passato per lasciare il passo al disagio sociale ed economico. Nonostante il valore aggiunto appena ricordato espresso in gran parte dalle cooperative sociali, infatti, la situazione economica che si è venuta ad aggravare nel 2011-12 e che non promette di risolversi nel breve periodo, mette in discussione anche la tenuta del terzo settore, che appare ogni giorno di più in affanno e sempre più indifeso. Alcuni dati per tutti danno conto dell’aggravarsi della situazione generale del Paese: il tasso di disoccupazione italiana ha ormai raggiunto l’11%, mentre quello relativo alle persone fino ai 35 anni d’età risulta superiore al 37%. Le ore di cassa integrazione sono esplose, mentre la riduzione dei consumi, anche alimentari, supera il 3%. Interi settori (vedi costruzioni e relativo indotto) sono da troppo tempo in profonda crisi e trascinano in basso il resto dell’economia italiana.

Per quanto riguarda il settore dei servizi alle persone le principali cause dell’attuale crisi possono essere ricomprese in due grandi ordini di motivi: i tagli al Welfare e l’accesso al credito.

Il “patto di stabilità”, le nuove leggi in tema di tassazione (l’Iva nel 2014 dovrebbe passare dal 4% al 10%) e di riduzione della spesa (spending review) si traducono in un taglio devastante dei servizi erogati dalla Pubblica Amministrazione e fino a oggi a disposizione della popolazione, specie di quella appartenente alle sue fasce più deboli. Le difficoltà economiche, la crescente disoccupazione e la riduzione dei servizi essenziali assumono così le caratteristiche tipiche della crisi sociale con tutte le conseguenze ad essa connesse. La fragilità tipica delle cooperative sociali, nate per rispondere a reali e contingenti bisogni della popolazione e non con lo scopo di fare profitto, le pone spesso nella impossibilità di offrire le garanzie di tipo patrimoniale o di rispettare i parametri finanziari richiesti dal sistema bancario per accedere al credito, pregiudicandone lo sviluppo, se non l’esistenza.

Sotto questo aspetto occorre sottolineare anche il ruolo che il sistema finanziario del mondo cooperativo dovrebbe svolgere a favore delle cooperative sociali, approntando nuovi strumenti finanziari e nuovi criteri per l’accesso al credito da parte delle cooperative sociali e degli altri soggetti del terzo settore.

I convegni e i dibattiti sembrano aver partorito davvero poco in termini di idee e proposte concrete volte a creare i presupposti per una ripresa di questa importante parte dell’economia italiana. La stessa consapevolezza della necessità di pensare ad un nuovo Welfare non ha portato a nulla, se non ad alcune spontanee sperimentazioni ancora prive di ogni riconoscimento o tutela normativa. L’impressione sconfortante è che le possibili soluzioni alternative a quelle tipiche del tradizionale e non più economicamente sostenibile Welfare italiano giungano dai singoli cittadini, dalle imprese private o dalle singole cooperative più che dalle pubbliche amministrazioni (Comuni, Province, Regioni ecc).

Il Welfare aziendale infatti sopperisce alla drastica diminuzione di servizi sociali offerti dalle PA e, se da un lato testimonia la volontà delle imprese di resistere alla crisi e di tutelare la loro maggiore ricchezza costituita dai suoi lavoratori, d’altro rappresenta l’impossibilità di proseguire sulla vecchia strada e l’incapacità delle Pubbliche amministrazioni d’avanzare credibili proposte volte a sostenere i settori più deboli della popolazione. E’ in questa ottica e nell’intento di superare i limiti del vecchio Welfare che le cooperative sociali si stanno impegnando nella individuazione di nuovi servizi alla persona, offerti a costi sostenibili e rispondenti ai nuovi bisogni della popolazione.

La diversificazione dell’attività svolta dalle cooperative sociali deve oggi necessariamente tenere conto, infatti, non solo dei minori costi ma anche della maggiore flessibilità del servizio erogato, della continua formazione degli operatori, del più elevato impegno di risorse economiche proprie e del progressivo affrancamento dalla Pubblica Amministrazione, troppo spesso imbrigliata in vecchie norme, dalle compatibilità imposte dal sistema (vedi Patto di stabilità) e ancora paralizzata da una eccessiva macchina burocratica.

Il 2013 si apre con ulteriori preoccupazioni riferite alla tenuta del quadro politico e alla credibilità del sistema paese sempre più scosso da scandali di livello internazionale. La ripresa economica sembra rinviata a periodi sempre più lontani (fine 2013?), mentre tutti gli indicatori economici segnano l’aggravarsi della crisi. Anche il variegato mondo del terzo settore sta risentendo pesantemente della situazione e lancia il suo grido d’allarme.

FabrizioMontanari