Il lavoro è un modo di essere non un luogo fisico

Il lavoro è un modo di essere non un luogo fisico

Ho preso in prestito questa frase, una volta tanto non proposta da qualche consulente, guru dell’organizzazione aziendale, ma da una grande azienda che ci crede, la pratica e investe e fa crescere lavoratori e lavoratrici in questa direzione.

Modo di essere, mi porta subito a pensare che:

  • In ambito sviluppo risorse umane si parla spesso di life skills, ovvero di quelle competenze e abilità definite trasversali perché capaci di dotare l’individuo di quella strumentazione intellettuale e culturale di base necessaria ad apprendere e utilizzare i saperi nella loro continua evoluzione.
  • Si parla di formazione continua, intesa non solo in relazione alla durata dell’arco temporale di vita della persona, ma caratterizzata anche dall’essere presente in ogni luogo in cui essa conduce la propria esistenza. Formazione che avviene attraverso ogni esperienza della persona, anche quelle maturate al di fuori del contesto lavorativo. Formazione intesa come processo di cambiamento, sviluppo e crescita globale della persona.
  • Tra le competenze maggiormente richieste dalle imprese oggi, nella società della conoscenza in un contesto imprevedibile e continuo cambiamento vi è la capacità di saper leggere, e non solo adattarsi, ma prevenire il cambiamento in modo proattivo.
  • Le aziende si giocheranno buona parte dei loro risultati investendo sulla centralità delle risorse umane, intese come persone (uomini e donne) che possano sviluppare il loro essere a 360 gradi non scindendo i diversi tempi della loro vita in modo parcellizzato, ma vivendoli come un tutt’uno, conciliando abilmente tempo lavorativo, tempo di cura, tempo libero e tempo dell’impegno civile. Le persone che lavorano non sono più mezzi e quantità, ma soggetti realizzatori dell’attività di impresa.

Cosa significa non solo professare, ma praticare concretamente questa filosofia?

Come fa l’azienda multinazionale di cui sopra a investire e far crescere le persone in questa direzione?

  • Si lavora per obiettivi e non in base al tempo fisico di presenza nel luogo di lavoro. Non si timbrano cartellini, orari flessibili, il lavoro può essere svolto in qualsiasi luogo e, rispettando le scadenze, con tempi personali;
  • Le persone (donne e uomini), sono responsabilizzate sui risultati aziendali da raggiungere e sul loro fondamentale contributo;
  • Le competenze e l’apporto personale di ciascuno sono caratteristiche fondamentali;
  • Riuscire a far esprimere tutte le diverse componenti della persona valorizzando tutte le competenze acquisite anche in contesti extra lavorativi (anni sabbatici, percorsi ed esperienze all’estero, abilità e competenze sportive, periodi d maternità);
  • Più la persona ricopre diversi ruoli nella vita professionale e personale e riesce a conciliarli, più sarà in grado di raggiungere obiettivi professionali;
  • Attenzione ai bisogni di conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro delle persone e supporto attraverso orari flessibili, lavoro a distanza, servizi di cura e libera tempo;
  • Sviluppo della creatività e uscita dagli schemi, uscire da orari fissi e luoghi di lavoro.

Fantascienza, non realizzabile?

Ovviamente ogni contesto ha le sue specificità vincoli e punti di forza ma credo che, anche all’interno del nostro sistema cooperativo possano esserci ampi spazi di manovra tra realizzare il pacchetto completo e iniziare intanto a ragionare in questa direzione, con cambiamenti di strategia e primi passi per un approccio culturale.

Oltre che saranno in un prossimo futuro cambiamenti necessari…..

Basti pensare ai cambiamenti sociodemografici in atto che ci faranno presto scontrare con realtà e popolazione aziendale all’interno delle nostre imprese, con bisogni esigenze competenze totalmente diverse da quelle alle quali siamo abituati.

  • Per i nativi digitali (ammesso che riescano ad accedere al mercato del lavoro, presto entreranno nelle nostre imprese), è assolutamente normale non considerare il lavoro un luogo fisico, ma un luogo virtuale, un modo di essere;
  • Le persone avranno esigenze di conciliazione sempre più forti. Le famiglie saranno composte non più da un percettore di reddito e da un addetto/a all’attività di cura, ma da due persone, entrambe che lavorano e che devono, vogliono e possono occuparsi anche di altri aspetti della loro vita.
  • L’allungamento dell’età lavorativa imporrà modalità di lavoro diverse, con tempi anche di presenza fisica differenti nelle varie fasce di età, oltre che l’incidenza di richieste di permessi per L.104, che già le aziende riscontrano, richiederà modalità di organizzazione del lavoro differenti.

Come sistema cooperativo vogliamo quindi subire passivamente questi cambiamenti, correndo dietro di volta in vola a singole soluzioni o prevenirli con un approccio strategico e proattivo?

FrancescaMalagoli1[1]