LO STRADELLO: QUANDO IL TREKKING SI SPOSA CON LA DISABILITÀ

LO STRADELLO: QUANDO IL TREKKING SI SPOSA CON LA DISABILITÀ

Lo Stradello è una cooperativa sociale di Scandiano e ospita ragazzi con disabilità psicofisiche. Tra le numerose attività svolte nei Laboratori della cooperativa, vi è anche un nuova iniziativa, legata al trekking e ad attività all’aria aperta. Ce ne parla Maurizio Fajeti, operatore dei Laboratori.

“Durante le nostre varie attività si parla, ci si confronta. Nasce così, quasi per gioco, una pazza idea; perché non facciamo una cosa paradossale per delle persone disabili? Più che una avventura, un’impresa, o come ha detto uno dei ragazzi “Un’esperienza irripetibile nella mia vita, un’occasione che non mi capiterà mai più.” L’idea era di discendere in canoa il Danubio fino al mare. Una follia, ma in questo mare noi ci navighiamo ormai da tempo, è il nostro mestiere. Trovata la canoa più adatta alle nostre esigenze e ottenuta la disponibilità di accompagnarci da parte di un canoista ex olimpionico, il nostro entusiasmo si è scontrato con la mancanza di fondi e il progetto è saltato. Ma non potevamo rinunciare a quell’idea che lasciava intravedere potenzialità immense. E quindi?

Intanto decidiamo – prosegue Fajeti – di partire dal trekking, poi si vedrà. Ci poniamo piccoli obiettivi; pochi chilometri a piedi per raggiungere luoghi di interesse del territorio; le Ciminiere di Cà de Caroli, costruite per lavorare il gesso; l’acetaia Cavalli di Fellegara, e le proposte sono tante altre ancora. Perché il trekking? Perché è inusuale per questi ragazzi fare trekking e suscitare un po’ di stupore non guasta mai; perché si incontrano persone, luoghi, situazioni, storie, ci si contamina con il territorio; perché camminare è di per sé una terapia, (ci sono centri e specialisti che utilizzano questo metodo con malati psichiatrici e lo chiamano Montagnaterapia). Nelle origini di tutti noi ci sono le popolazioni nomadi della preistoria, il movimento è nel nostro Dna e il movimento è vita e si contrappone alla catatonia tipica di molte malattie mentali. Il trekking attiva i nostri sensi; la vista, l’udito, l’olfatto. Il tatto. Il gusto. Perché al termine di ogni uscita – conclude Fajeti – i ragazzi sono felici e stanno bene, e già solo questa è per noi una risposta più che sufficiente“.